Alla finale del Roland Garros con OPPO, cronaca di una giornata dolce e feroce

2022-08-08 06:40:10 By : Ms. Celia Chen

Abbiamo visto in prima fila al Court Philippe Chatrier la finale tra Iga Swiatek e Coco Gauff, molto più che una partita di tennis.

Sono seduto in prima fila alla finale femminile del Roland Garros 2022, talmente vicino al campo da distinguere i pezzi di frutta biancastra (banana? melone?) che l'americana Cori Gauff estrae con la punta delle dita da un pacchettino di carta e si caccia in bocca quasi a ogni cambio campo, e da studiare con un misto di curiosità e compassione i tic nervosi dei tesissimi raccattapalle adolescenti. Sono qui per Esquire Italia grazie ad un invito di Oppo - premium partner del torneo dal 2019, con rinnovo fino al 2023 recentemente annunciato - ed è la prima volta che vedo dal vivo una partita di tennis professionistico. Mi basta un'ora e mezza, comunque, per capire cosa intendono quelli che considerano il tennis uno sport brutale, una sorta di versione sterile del pugilato.

La numero 1 del mondo Iga Swiatek straccia la Gauff 6-1, 6-3, ma neppure la nettezza del risultato misura l'immensa distanza tra le opposte solitudini in campo. Cori Gauff detta Coco, che ha 18 anni ed è sostenuta dal pubblico del Court Philippe Chatrier con l'affetto interessato di chi ha pagato il biglietto e spera soprattutto che la partita non finisca troppo in fretta, sembra una giocatrice di scacchi (molto sudata) alle prese con un supercomputer, ogni suo colpo è ispirato ma anche smorzato da un sovraccarico di strategia, e quando riesce a vincere un punto (una volta ogni quattro scambi circa) emette un gemito di sollievo teorico.

Iga Swiatek però non assomiglia a un supercomputer quanto a un macchinario industriale potentissimo progettato unicamente per colpire ogni palla alla massima potenza possibile, come se volesse letteralmente uccidere a pallate l'avversaria e solo all'ultimo deviasse la traiettoria del necessario per superarla (sono sicuro che si tratta solo di un'impressione, e che Iga Swiatek è una persona deliziosa). Quando Swiatek segna un punto dà subito le spalle alla rete e torna a fondo campo a testa bassa, nascondendo l'espressione del viso, con una postura molto rispettosa dell'avversaria o molto sinistra a seconda dei punti di vista.

Mi sembra incredibile che si possa giocare una partita di tennis del genere senza odiarsi, e invece alla fine della partita, dopo il comprensibile pianto della sconfitta, accartocciata su sé stessa a bordo campo con i muscoli del trapezio gonfi di acido lattico scossi da singhiozzi infantili, Swiatek e Gauff si congratulano al microfono degli organizzatori quasi come vecchie amiche, anche se quando Gauff fa una battuta del tipo "magari un giorno riuscirò anche a batterti" Swiatek non ride.

Tutto sommato penso che allo stadio in questo finale di partita ci siano persone più tristi di Coco Gauff. Ad esempio io. Mi alzo dal comodo e privilegiatissimo seggiolino dove immagino che prima di me abbiano posato le chiappe divi di Hollywood e premi Nobel (ok, forse sto esagerando) e appena metto piede fuori dal Court Philippe Chartier, sorpreso da un improvviso acquazzone estivo, mi prende una nostalgia istantanea di ciò che ho appena vissuto. Penso che quella che è appena finito e che Oppo mi ha regalato non è stata solo una partita di tennis, è stata un'esperienza.

La partita era programmata per le tre del pomeriggio ("not before 15.02" secondo la tipica formula dei tornei di tennis con i loro orari ballerini, ridondante per le finali che in realtà non devono aspettare nessun altro) ma noi arriviamo al mattino. Lo Stade Roland Garros più che uno stadio è una vera e propria cittadella con 20 campi da tennis, almeno 4 dei quali meritevoli da sé della qualifica di "stadio". La giornata inizia a "Le Village", l'area dedicata alla stampa e ai Vip, dove Oppo ci riserva un'accoglienza principesca e si respira pressapoco la stessa aria che in un porticciolo della Costa Azzurra in un giorno di regata. Il legame col tennis di molti di coloro che si aggirano tra le fresche e ombrose hospitality dei brand - gli uomini spesso in completo color carta da zucchero e foulard, le donne in abito camicia chiaro a cintura spessa che le fa sembrare dirette ad un safari - non è immediatamente deducibile, anche se quasi tutti hanno l'aria di condividere con qualche tennista professionista quantomeno il livello di abbronzatura e il commercialista.

Leghiamo il tennis alla bella vita, il tennis alla ricchezza, ma se ci pensate sono associazioni controintuitive. Basta leggere le cronache o Open di Agassi per ricordarsi che il tennis è uno degli sport più faticosi, dolorosi e solitari che esistano. Rafa Nadal, che qui domani contro Casper Ruud trionferà per la quattordicesima volta, ha la schiena di un ottantenne e proprio ieri ha dichiarato "baratterei la vittoria di questo Slam con un piede nuovo". L'anca di Andy Murray, il ginocchio di Serena Williams, la schiena di Roger Federer richiederebbero l'apertura di un'apposita ala radiografica in qualunque museo del tennis che aspiri a raccontare seriamente il costo dell'eccellenza.

Eppure quello che si respira nell'aria per tutte le 12 ore che trascorro allo Stade Roland Garros è un sentimento di rilassata e quasi giocosa confidenza col mondo, e mi sento circondato da persona a cui la vita calza a pennello come una polo della giusta misura. Sanno vivere in modo eccellente i miei compagni di tavolo cinesi al pranzo offerto da Oppo, che invece di isolare l'unico italiano al tavolo mi sorridono e mi rivolgono domande davvero interessate in inglese, bambini compresi, e mi coinvolgono in un dibattito su quanto è fico il nuovo Top Gun.

Sanno vivere spendidamente Ivanisevic e Baghdatis, brizzolati ma in forma e sorridenti come ex capi di stato, che su un campo secondario giocano un doppio di vecchie glorie alternando scenette da giocolieri che divertono molto il pubblico ai colpi straordinari del loro intatto repertorio. Sanno vivere meglio di me, direi, tutti gli altri spettatori presenti nell'impianto, che appena inizia a piovere aprono all'unisono migliaia di ombrellini arancio-verdi molto carini, brandizzati Roland Garros. Sono apparentemente l'unica persona a non averne uno, e ne pago le conseguenze infradiciandomi (non c'è bisogno che vi dica che corro subito a comprarmi un ombrellino anch'io, e naturalmente appena esco dallo store smette di piovere).

La partnership tra OPPO e Roland Garros è basata sull'eccellenza tecnologica del marchio cinese e sul desiderio di mettere la tecnologia al servizio della passione per il tennis, trovando nuovi modi per viverla e raccontarla. OPPO insiste molto sui termini "emozione" e "ispirazione", concetti destinati a suonare un po' vaghi finché non ti trovi a riguardare le foto scattate con uno dei loro device, OPPO Find X5 Pro, al rettangolo di terra rossa più famoso del mondo. Mi pare di capire che con questa giornata unica OPPO intenda suggerire niente meno che un modo di vivere: è tutto importante, tutto va preso sul serio, ed è tutto un gioco.